Asfissia: carenza di ossigeno negli spazi confinati
Fanno parte degli ambienti confinati o sospetti di inquinamento: vasche, silos, camini, pozzi, cunicoli, canalizzazioni, fogne, serbatoi, condutture, stive, intercapedini, cisterne, autobotti, camere di combustioni, reattori dell’industria chimica.
Diverse sono le tipologie di rischio che possono presentarsi in un ambiente confinato:
- mancanza di ossigeno (asfissia) o per eccesso di ossigeno;
- inalazione o per contatto con sostanze pericolose – gas, vapori, fumi – (intossicazione);
- presenza di gas/vapori infiammabili (esplosione o incendio);
- contatto con parti a temperatura troppo alta o troppo bassa (ustioni).
In particolare, la presenza nel normale ciclo produttivo di gas, ad esempio azoto o anidride carbonica, o di altre sostanze pericolose, impone al datore di lavoro di valutare il rischio di incidenti/infortuni determinati da agenti chimici, quali asfissia, intossicazione acuta, investimento di sostanze ustionanti, corrosive, incendio, esplosione (art.223 del D. Lgs.81/08).
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L’azoto negli spazi confinati
L’azoto (N2) è un gas incolore, inodore, non infiammabile, non reattivo, non tossico, che provoca più infortuni per asfissia, non essendo né percepito il pericolo né avvertita la presenza. La maggior parte dei casi di incidente riportati da EIGA–Assogastecnici riguardano questo gas.
È usato come gas inerte per equilibrare la pressione di altri gas sciolti in liquidi contenuti in autoclave, come gas inerte di copertura di liquidi per impedirne l’ossidazione atmosferica, come conservante nel confezionamento di alimenti per evitare l’ossidazione. Utilizzato anche come gas di lavaggio di reattori, silos, autoclavi per vino, ecc.
In particolare, l’azoto, contenuto nell’atmosfera al 78%, è pesante all’incirca come l’aria e di conseguenza non tende né a stratificarsi verso il basso né a sfuggire verso l’alto; se è freddo rispetto all’atmosfera ovviamente si accumula in basso.
Asfissia e avvelenamento
Il rischio di asfissia, ovvero mancanza di ossigeno, si può verificare a causa di:
- permanenza prolungata e/o sovraffollamento, con scarso ricambio di aria;
- reazioni chimiche di ossidoriduzione di sostanze (ad esempio, combustione con rilascio di anidride carbonica, di ammoniaca, di acido cianidrico, di acido solfidrico).
Mentre il rischio di avvelenamento per inalazione o per contatto epidermico può derivare ad esempio da:
- gas, fumi o vapori velenosi normalmente presenti (ad esempio, residui in recipienti di stoccaggio o trasporto di gas);
- gas, fumi o vapori velenosi che possono penetrare da ambienti circostanti (ad esempio, rilascio di monossido di carbonio), in relazione all’evaporazione di liquidi o sublimazione;
- solidi normalmente presenti (ad esempio, serbatoi e recipienti);
- gas, fumi o vapori velenosi che possono improvvisamente riempire gli spazi, o rilasciarvi gas, quando agitati o spostati (ad esempio: acido solforico, acido muriatico, zolfo solido).
Valutazione del rischio
Tutte le attività svolte in ambienti confinati devono essere precedute da una attenta e puntuale valutazione del rischio, che individui le fonti dei pericoli e predisponga le misure di sicurezza necessarie al fine di eliminare, o se ciò non è possibile, ridurre al minimo possibile i rischi.
È necessario, quindi, definire un’adeguata procedura organizzativa, gestionale, tecnica, operativa e di emergenza, tale da creare un vero e proprio sistema della sicurezza, contraddistinto da precise figure responsabili, in grado di garantire, tra l’altro, una idonea attività di sorveglianza e verifica.
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